“Il primo passo nell’educare al benessere emotivo è dare voce a ciò che si prova” (Goleman)
La vita familiare è la prima scuola nella quale e dalla quale apprendiamo insegnamenti riguardanti la vita emotiva. E’ nell’intimità familiare che impariamo a percepire noi stessi come individui e quali saranno le reazioni degli altri ai nostri sentimenti, che cosa pensare su questi sentimenti e quali alternative abbiamo per reagire (Goleman, 1996). Lo sviluppo emotivo non si realizza semplicemente attraverso le parole e le azioni indirizzate direttamente ai bambini, ma soprattutto attraverso i modelli che gli adulti forniscono indirettamente, mostrando le modalità personali che adottano nel vivere e nell’esprimere i loro sentimenti.
MECCANISMI DI SOCIALIZZAZIONE DELL’ESPRESSIVITA’ E DELLA COMPRENSIONE EMOTIVA
I bambini piccoli imparano a sviluppare le competenze emotive da tutte quelle persone che rivestono un ruolo importante nella loro vita. Genitori, parenti, insegnanti, fratelli e compagni di gioco sono chiamati “socializzatori”, poiché, intenzionalmente o no, mostrano ai bambini ciò che è accettabile e ciò che non lo è, nella cultura di appartenenza. Ovviamente i genitori rappresentano i principali socializzatori e dato lo stretto contatto, essi sono determinanti nello sviluppo della competenza emotiva del bambino.
Halberstadt (Halberstadt, 1991) ha ipotizzato che i processi implicati nella socializzazione delle emozioni coincidono con tre meccanismi di apprendimento sociale, quali:
Il modellamento: i genitori, con i loro personali modi di esprimere e di affrontare le emozioni, fungono da modello per il figlio che apprenderà quanto e come le emozioni possono essere espresse e gestite. Se un genitore manifesta un’espressività della rabbia eccessiva e poco controllata, probabilmente il figlio apprenderà che tale emozione è pericolosa e negativa, oppure se un genitore non manifesta mai l’emozione della tristezza, il bambino potrebbe imparare che non è consentito esprimere tale emozione. Inoltre, i genitori, senza esserne consapevoli, mettono in rilievo e distinguono il significato emotivo degli eventi.. Per esempio, un genitore di fronte ad un cane, può esprimere paura e diffidenza respirando affannosamente, spalancando gli occhi o irrigidendo la sua postura. Se un bambino noterà tali segnali, e quindi le difficoltà del genitore ad avvicinarsi al cane, imparerà il significato emotivo di questa situazione e probabilmente si mostrerà spaventato di fronte al cane. I genitori, con il proprio modo di affrontare le situazioni emotive, possono mostrare ai bambini anche le “tendenze all’azione”, ossia i comportamenti comunemente associati all’espressione di specifiche emozioni. Per esempio, una madre alla vista di un cane potrebbe prendere in braccio il bambino e allontanarsi perché ha paura, mentre un’altra potrebbe avvicinarsi al cane con un atteggiamento prudente, valutare il rischio e decidere se mantenere una distanza di sicurezza o andare ad accarezzarlo. Il bambino apprenderà comportamenti diversi, nel primo caso potrebbe associare a una situazione emotiva di tipo ansioso un comportamento di evitamento (ho paura, evito il pericolo/problema), nel secondo caso potrebbe apprendere un comportamento orientato all’affrontare direttamente il problema (ricerco informazioni, analizzo la situazione, e poi organizzo una risposta consapevole).
L’addestramento emotivo: il fornire o meno insegnamenti e conoscenze sulle emozioni, principalmente attraverso le conversazioni quotidiane. Le emozioni sperimentate dal bambino senza che egli sappia dar loro un nome possono spaventare.
“ Perché mi batte così forte il cuore? Perché il mio respiro è affannato? Perché la mia faccia è tutta rossa e vorrei spaccare tutto? Forse mi sento male… sto per esplodere… cosa mi sta succedendo?” Sono tanti i timori e i dubbi dei bambini che piano paino entrano in contatto con il loro mondo emotivo, cercando di comprenderlo e affrontarlo. Spesso possono sentirsi soli in questo processo di scoperta e di crescita. Dare un nome alle emozioni e riconoscere la rabbia, la gelosia, l’invidia tranquillizza il bambino, lo aiuta a riconoscere le emozioni su di sé e sull’altro, tenerle sotto controllo, canalizzarle in comportamenti socialmente accettabili, affrontarle, senza esserne sopraffatti e spaventati. Esprimere le emozioni tramite il linguaggio verbale permette di conoscerle e di padroneggiarle con il pensiero.
Sono diverse le occasioni di addestramento, come ad esempio le espressioni emotive del bambino stesso, del genitore o di altre persone, oppure anche la lettura di fiabe e di storie. Il genitore può spiegare il comportamento altrui, promuovere la comprensione delle emozioni, collegandole alla loro causa (“Matteo è triste perché ha perso il suo giocattolo preferito”), esplicitare le regole di espressione (“Anche se si è arrabbiati con qualcuno, non bisogna picchiarlo”) e guidarli nella ricerca di soluzioni e di strategie di regolazione (“Quando hai paura, puoi fare un bel respiro profondo”)
Le reazioni contingenti: le reazioni genitoriali alle emozioni dei bambini influenzano il modo in cui quest’ultimi “trattano” le proprie emozioni, consentendo loro di cogliere quali comportamenti corrispondano ai vari sentimenti provati e in quali situazioni possano essere espressi. Ad esempio, se un genitore reagisce alla tristezza del proprio figlio con fastidio, critica o minimizzazione, manderà il messaggio che tale emozione non è accettata, che non può essere espressa né compresa, e il bambino imparerà ad inibirla invece che accettarla e regolarla. Se invece il genitore accompagna e sostiene il bambino nell’espressione della sua tristezza, reagendo con empatia e comprensione, aiutandolo a esplicitare le cause della sua emozione e le strategie per affrontarla, il bambino imparerà che quell’emozione può essere condivisa, espressa ed affrontata con successo.
Attraverso questi processi, quindi, il bambino impara progressivamente ad esperire e gestire le proprie emozioni e a interpretare e reagire in maniera adeguata alle emozioni altrui. Fondamentale è il supporto di adulti sensibili e disponibili, capaci di sintonizzarsi empaticamente sui suoi vissuti e bisogni emotivi.
Spesso, nella straordinaria avventura di essere genitore, le cose non sono affatto semplici, vorremmo crescere un figlio ascoltando e comprendendo ogni sua emozione, facendolo sentire capito e protetto e al tempo stesso guidando i suoi comportamenti, contemporaneamente dobbiamo confrontarci con il nostro mondo emotivo, la nostra storia, quello che noi abbiamo imparato circa l’esprimere e gestire le emozioni, dobbiamo confrontarci con una realtà frenetica e richiedente dove può essere difficile fermarsi e semplicemente esserci, e possiamo vivere ogni reazione del bambino come un continuo test sulle nostre capacità. A volte questo fa parte del normale viaggio dell’essere genitore, altre volte abbiamo bisogno di un sostegno, per noi, per nostro figlio o per la relazione con lui e può essere utile richiedere una consulenza con uno specialista per poter affrontare al meglio una fase di difficoltà, in modo da supportare lo sviluppo emotivo del bambino.
Dott.ssa Manuela Marangio
Bibliografia
Ferri, Carleschi, Orsini, Lo sviluppo socio-emozionale nella prima infanza, Franco Angeli, Milano, 2010
Grazzani Gavazzi, Ornaghi, Antoniotti, La competenza emotiva dei bambini, proposte psicoeducative per le scuole dell’infanzia e primaria, Erickson, Trento, 2014
Goleman, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996
Halberstadt, A.G. (1991). Socialization of expressiveness: Family influences in particular and a model in general. In R. Feldman & S. Rime (a cura di) Fundamentals of emotional expressiveness,(pp. 106-162). Cambridge, England: Cambridge University Press